31ª edizione - 2007

IL SEICENTO - SECOLO D'ORO DI ANGELICO APROSIO

 1607 - 1686

          La disputa accesasi tra Piemonte e Liguria per l’acquisto del minuscolo Marchesato di Zuccarello, presso Alberga, da parte di Vittorio Amedeo I° di Savoia, obbligava l’Imperatore ad intervenire.

          Il feudo fu messo all’incanto e Genova l’acquistò con una generosa offerta. Il risultato fu che Vittorio Amedeo I° aderì ad una lega con la Francia e Venezia contro la Repubblica di Genova dando il via ad un conflitto. Il 13 maggio 1625, dopo aver occupato Alberga ed Oneglia, il Duca si dirigeva su Ventimiglia, rimasta isolata, e le intimava la resa. Il comandante Giustiniani e le autorità furono costrette ad accettare mentre la popolazione era assolutamente contraria a qualsiasi patteggiamento.

          Genova, unendosi alla Spagna, passava alla controffensiva riconquistando Ventimiglia e giungendo ad un armistizio con il Piemonte, armistizio che durò 9 anni.

          A Ventimiglia intanto faceva ritorno un personaggio illustre quale era Angelico Aprosio.

Oltre ai suoi doveri monastici, all’insegnamento ed alla predicazione, ebbe la volontà e la perspicacia di fondare la prima biblioteca aperta al pubblico. Nasceva così “l’Aprosiana” alla quale donava la sua enorme mole di libri.

          Il Vescovo Lorenzo Gavotti si onorò dell’amicizia dell’Aprosio invitandolo a predicare nella Cattedrale ed aiutandolo nell’erezione della biblioteca. Nel 1642 il Gavotti, accompagnato da alcuni membri del suo capitolo, veniva invitato a Monaco dal Principe Onorato II° per la solenne benedizione delle nozze del figlio Ercole Grimaldi con la nobildonna Aurelia Spinola.

          Oltre alle continue lotte tra i Savoia e Genova per il possesso di Ventimiglia, fa da sfondo a tutti questi avvenimenti la peste che negli anni 1656-57 decimò numerose città liguri.

          Le cronache dell’epoca ci raccontano che la paura era enorme, che le strade della città erano percorse da medici e becchini (gli sciatori) che annunciavano il loro passaggio con il suono ritmato di un campanello. Contro il contagio veniva consigliato “l’aceto dei sette ladri”, un insieme di erbe che la credulità popolare voleva che fossero “…rubate in sette orti da sette ladri e macerate per sette giorni in aceto…”. Le case venivano disinfettate accendendo fascine di ginepro, ma “…era poco meno che cascare nell’acqua senza bagnarsi…”.