Nel 1587, nel ponente ligure, nel paese di Triora, da circa tre anni ci furono dei
problemi nella raccolta del grano per una grave siccità. Nella zona, conosciuta
come il granaio della Repubblica per la ricchezza dei suoi raccolti, crebbe una
grande preoccupazione accompagnata dal malcontento della popolazione. La
mancanza di pioggia, secondo una consolidata superstizione, venne attribuita
a un sortilegio e cominciò una ricerca spasmodica degli artefici della “fattura”.
Sospetti e dicerie che misero in moto le cariche pubbliche e religiose della zona,
alla ricerca del capro espiatorio della difficile situazione. Indagini che vennero
influenzate dalla paranoia e dalla superstizione. Furono identificate, in una prima
fase, venti donne. Occorre dire, per essere chiari, che le pratiche superstiziose
a quei tempi erano talmente diffuse ancora parallelamente al cristianesimo,
che accusare qualcuno di stregoneria era semplicissimo. Questo, ovviamente,
non aveva nulla a che fare con la siccità. Il podestà di Triora, Stefano Carrega,
procedette con gli arresti e chiese al doge di Genova e al vescovo di Albenga di
procedere all’invio degli inquisitori, per poter iniziare il processo.